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Interruzione e fine della terapia: che differenze ci sono e come affrontarle al meglio

Aggiornamento: 22 apr

Sin dall’inizio di un percorso terapeutico é normale chiedersi quanto durerá e come e quando terminerà. In psicoanalisi, così come in altre forme di terapia, è importante distinguere tra interruzione e fine della terapia, due situazioni molto diverse per il paziente e per il processo terapeutico stesso. Oltre agli aspetti pratici, è fondamentale considerare le emozioni che queste fasi possono suscitare e il valore di discuterle apertamente con il terapeuta.

Interruzione: quando la terapia si ferma prima del tempo

L’interruzione della terapia avviene quando il paziente smette di andare alle sedute senza che il percorso sia giunto a una naturale conclusione. Questo può accadere per molte ragioni: difficoltà economiche, cambiamenti di vita (come un trasloco), insoddisfazione con il terapeuta o con i progressi fatti, oppure resistenze interne che emergono proprio nel momento in cui il lavoro terapeutico si fa più profondo.

Dal punto di vista emotivo, l’interruzione può generare sentimenti di sollievo (se il percorso era percepito come troppo difficile), ma anche frustrazione, colpa, vergogna o ambivalenza. Il paziente potrebbe sentire di aver fallito o di aver deluso il terapeuta, oppure potrebbe provare rabbia e insoddisfazione, senza però riuscire a esprimere apertamente queste emozioni.

In psicoanalisi, si considera che il desiderio di interrompere possa rivelare dinamiche profonde, come la paura del cambiamento, la difficoltà a tollerare certe emozioni o il riemergere di schemi relazionali pregressi (ad esempio, l’abbandono o la fuga davanti ai conflitti). Se possibile, è utile discutere queste sensazioni con l'analista prima di interrompere, poiché può essere un'opportunità di crescita e comprensione di sé.

La fine della terapia: un processo consapevole

Al contrario, la fine della terapia è un processo graduale e condiviso tra paziente e analista. Si raggiunge quando gli obiettivi iniziali sono stati raggiunti (ad esempio, si é raggiunta una maggior auto-consapevolezza e/o un maggior benessere psicologico) e il paziente ha sviluppato una maggiore autonomia nel gestire i propri vissuti emotivi.

Dal punto di vista emotivo, la chiusura della terapia può attivare una gamma complessa di sentimenti. Alcuni pazienti provano soddisfazione, orgoglio e gratitudine per il lavoro svolto, mentre altri possono sentire paura, incertezza o tristezza all'idea di separarsi dal terapeuta. La fine di una terapia può riattivare esperienze passate di separazione (come la separazione dalle figure genitoriali) o perdita (come lutti o la fine di un altra relazione significativa), e per questo è importante affrontarla in modo consapevole.

In psicoanalisi, il terapeuta aiuta il paziente a riconoscere questi vissuti, a elaborare il significato della separazione e a interiorizzare le risorse sviluppate nel percorso. A volte, il paziente può sperimentare un "ritorno di sintomi" in prossimità della conclusione, non perché la terapia non abbia funzionato, ma perché il distacco rappresenta una fase di adattamento psicologico che puó essere particolarmente difficile da affrontare.

Riduzione della frequenza, pause e ritorni in terapia

Non sempre la fine della terapia avviene in modo netto. In molti casi, il percorso si avvia verso la conclusione con una riduzione graduale della frequenza delle sedute: da incontri bisettimanali o settimanali si può passare a quindicinali, poi mensili, fino a una chiusura definitiva. Questo permette al paziente di testare la propria autonomia emotiva senza un distacco brusco.

Inoltre, possono esserci pause temporanee, piú o meno prolungate, con la possibilità di riprendere il lavoro in un secondo momento. Queste pause non sono necessariamente negative: dopo aver raggiunto un certo numero di obbiettivi terapeutici o un certo grado di stabilitá emotiva il paziente puó sentire il bisogno di sperimentarsi senza il supporto costante della terapia, salvo rendersi conto di voler approfondire alcuni aspetti in un secondo tempo. La possibilità di tornare in terapia non è un fallimento, ma una scelta consapevole per affrontare nuove fasi della propria crescita personale o per ricevere supporto il momenti particolarmente sfidanti come quelli che comportano grandi stress o cambiamenti (e.g., cambio di carriera, genitorialitá, lutti, malattia, pensionamento, etc..).

Infine, un caso specifico é rappresentato dalle pause estive o invernali dovute alle vacanze del terapeuta o del paziente. Anche queste pause, benché siano temporanee e abbiano una durata predefinata, possono suscitare emozioni contrastanti. Per alcuni, questo periodo di distacco può essere vissuto come un’opportunità per mettere alla prova le proprie risorse emotive e riflettere sugli apprendimenti fatti in terapia. Per altri, invece, il distacco dal terapeuta può generare ansia, senso di solitudine o la riattivazione di paure legate all’abbandono. È utile affrontare queste sensazioni con il terapeuta prima della pausa, esplorando eventuali strategie di gestione e mantenendo un contatto con il lavoro svolto, ad esempio attraverso la scrittura di un diario o momenti di autoriflessione. Sapere che la terapia riprenderà può aiutare a vivere la pausa non come una frattura, ma come una fase naturale del processo terapeutico.

L'importanza di discutere apertamente le emozioni in terapia

Indipendentemente dal fatto che si tratti di un’interruzione temporanea, o di una chiusura improvvisa o graduale, è fondamentale poter parlare delle emozioni che emergono alla fine della terapia. Esplicitare sentimenti di paura, tristezza, insicurezza o rabbia aiuta a dare significato all’esperienza e a evitare che si ripetano schemi relazionali disfunzionali, come il ritiro emotivo o la fuga dai legami importanti.

Il terapeuta può aiutare il paziente a:

Dare un senso alle emozioni di chiusura e comprendere il loro legame con esperienze passate.

Riconoscere i progressi compiuti e come applicare nella vita quotidiana ciò che si è appreso.

Accettare la possibilità di tornare in terapia in futuro, senza viverlo come una sconfitta.

Conclusione

Capire la differenza tra interruzione, pausa e fine della terapia aiuta a prendere decisioni più consapevoli. Un'interruzione improvvisa può lasciare questioni irrisolte e dare la sensazione di un percorso incompleto. Al contrario, una conclusione ben elaborata permette di chiudere il processo con una sensazione di crescita e completamento.

Affrontare apertamente le emozioni legate alla separazione è un passaggio fondamentale per rendere l’esperienza terapeutica veramente trasformativa. La terapia non è solo un luogo di cambiamento, ma anche un’opportunità per imparare a concludere i percorsi della vita e I rapporti interpersonali significativi in modo più consapevole e costruttivo.



Bibliografia

Abramson, A. (2022, July 1). When therapy comes to an end. Monitor on Psychology, 53(5). https://www.apa.org/monitor/2022/07/career-therapy-conclusion.

Holmes, J. (2014). Termination in Psychoanalytic Psychotherapy: An Attachment Perspective. European Journal of Psychoanalysis, 1(1).

Knafo, D. (2018). Beginnings and endings: Time and termination in psychoanalysis. Psychoanalytic Psychology, 35(1), 8–14. https://doi.org/10.1037/pap0000125 

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